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cover of article Stil: Jazz
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WG Image CD CHF 22.90

Bemerkungen

Questo disco nasce da “Vi racconto una song”, una lezione - concerto nella quale Laura ed io illustriamo brevemente la storia di una decina di canzoni attraverso aneddoti, ascolti e filmati. Anche se molti dei brani scelti appartengono al Great American Songbook, troviamo incursioni nel mondo latin o nel repertorio pop più moderno, come dimostrano il brano portato al successo da Roberta Flack o quello di Stevie Wonder. Spesso, come performer, i nostri obiettivi si concentrano sul costante miglioramento del timing, del fraseggio, dell’interplay. Sono le cose che un musicista di jazz cerca con assiduità. Con il tempo ho capito però anche la differenza fondamentale tra gesto (how to play) e contenuto (what to play), e di conseguenza tra il senso poetico e quello legato all’originalità del linguaggio. È stata una scoperta fondamentale, che mi ha illuminato sul perché alcuni dischi, anche di standard, non mi convincevano fino in fondo: o percepivo troppa gestualità, e di conseguenza sentivo la mancanza di contenuto, o non ce n’era per niente, e non mi arrivava il cuore di chi suonava, ma solo l’intelletto, anche se si percepiva la volontà di proporre qualcosa di nuovo. Quando ci si confronta con le song il terreno di partenza è evergreen, per cui credo sia importante saperlo ricontestualizzare attraverso l’approccio al nostro strumento, senza scadere in un mainstream di maniera ma rispettando il senso della canzone con quella che alcuni giovani jazzisti americani definiscono “honesty of expression”. Poter tornare, nell’estate precedente a questa incisione, a dedicare un po’ di tempo ai dettagli e alle possibilità timbriche del pianoforte in relazione al duo è stato per me fondamentale. Sapevo quanto è difficile per un pianista questa dimensione. Alcuni dei mini-arrangiamenti che sentite in questa incisione nascono da prove casalinghe, ma qui c’è la concentrazione dello studio, il suono di uno splendido Steinway e alcune soluzioni che sono state sperimentate in fase di pre-produzione. Inoltre, nel duo, il pianoforte può godere di molta libertà sui percorsi armonici e immaginarsi anche come un contrabbasso o sottolineare le differenze di registro per dare varietà alla musica. Stesso discorso vale per la voce, con la quale abbiamo cercato di creare effetti timbrici e ritmici. Come sempre quello che chiamiamo jazz in realtà non è facile libertà, ma un percorso rigoroso che si mette in discussione nell’attimo esatto della performance, e proprio questa per un jazzista è la sfida più grande: aver lavorato, aver preventivato, ma alla fine accettare ogni versione per quella che è. Ogni take ha una sua anima. Vorremmo dedicare questi brani a chi non c’è più: Piero Avanzolini e Armando Francesconi.

Michele Francesconi