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«Mento in su e sorriso smagliante» mi ripetevano all'inizio le allenatrici, un attimo prima di entrare. Niente deve trasparire di quello che stai provando dentro, che sia ansia, paura o dolore fisico. «Devi sorridere, Nina. Sorridere sempre.» Nina si è sentita dare questa regola ferrea quando era poco più che una bambina. Fin da piccola agilissima e costantemente impegnata in acrobazie, già a otto anni si era affacciata alla ginnastica ritmica che in poco tempo era diventata, più che una passione, la sua stessa vita. E tale sarebbe rimasta per i successivi dieci anni. A Nina era parso subito chiaro che il percorso sarebbe stato duro, tra esercizi faticosi e allenatrici severe, ma il gioco valeva di certo la candela. Quello che ancora non sapeva era che, andando avanti, accedendo a squadre sempre più importanti e poi alla Nazionale, ci sarebbe stata un'escalation di dolore fisico, umiliazioni e disturbi alimentari. In questo memoir, Nina racconta quel che ha vissuto da ginnasta, un'esperienza spaventosa da cui è stato drammatico anche liberarsi. Perché contestare le prassi dell'ambiente, sottrarsi alle vessazioni voleva dire rinunciare alla formidabile passione sportiva che, appunto, era la sua stessa vita. Nina, però, nel 2021 ha preso la decisione di abbandonare la ritmica e di denunciare le violenze subìte. Dopo di lei, altre circa 200 ragazze hanno fatto lo stesso. Forse qualcosa sta per cambiare.
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